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Premio Neri Pozza 2022

Online il Bando della VI edizione Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza
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Dal 13 marzo al 9 aprile nei negozi laFeltrinelli, RED e su www.lafeltrinelli.it

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Novità

Morire è poco

Enrico Mannucci

Fu per un ventennio una delle donne piú potenti d’Europa, o per questo almeno passò, circonfusa da un’aura di leggenda che non l’abbandonò mai. Era la figlia del dittatore d’Italia: ne fu sempre consapevole anche se talvolta non a suo agio nel ruolo. Ma alla fine del 1943, Edda Ciano Mussolini era una donna disperata, in fuga, inseguita dai nazisti e aiutata da un passato amante che sarà tra i fondatori della moda Made in Italy. In quei giorni, il marito Galeazzo Ciano, uno dei delfini del regime fascista, stava per essere condannato a morte per aver votato, nella notte del Gran Consiglio, il 25 luglio 1943, contro il suocero Benito. Edda decise di fuggire, sotto falso nome, portando con sé i diari di Galeazzo. In Svizzera sarebbe rimasta per un anno e mezzo, dapprima isolata in un convento a Ingenbohl, poi – sempre sotto sorveglianza da parte delle autorità – in una casa di cura a Monthey, non senza imbarazzo del governo elvetico, che non sapeva bene come trattare questa ingombrante rifugiata. Lei, peraltro, non era tipo da rendere le cose facili; gli svizzeri non comprendevano i suoi sbalzi di umore, talvolta la inquadravano come una figura dissoluta; la sottoposero, infine, a numerosi esami clinici e psichiatrici. 
Il piú importante fu quello del dottor Repond, il primario della clinica di Monthey, che compilò un approfondito rapporto dove descrisse, sotto una luce inedita, le dinamiche della famiglia Mussolini e inquadrò Edda come «una grande neuropatica». Dalla clinica, la Ciano riuscí a entrare in contatto con i servizi segreti americani, con Allen Dulles, colui che poi fonderà la Cia, e, dopo una lunga trattativa, gli cedette i Diari del marito, considerati dagli Alleati di valore strategico. Rientrata in Italia nell’agosto 1945, quattro mesi dopo la macabra esposizione del padre a piazzale Loreto, venne confinata a Lipari, l’isola dove erano stati reclusi tanti oppositori del regime. E dove, poco dopo il suo arrivo, la incontrò e intervistò Carlo Levi, l’autore di Cristo si è fermato a Eboli, antifascista militante che si trovò davanti la donna che non era piú «la figlia del dittatore».

D'amore e di rabbia

Giusy Sciacca

Sicilia, luglio 1922. A Lentini, centro agricolo della provincia siracusana sotto il fiato dell’Etna, avviene un sanguinoso fatto di cronaca, poi sepolto dalla polvere. Tra i protagonisti anche Maria Giudice, fervente sindacalista di origine lombarda e madre della scrittrice Goliarda Sapienza. Alla vigilia della prepotente affermazione fascista, nella cittadina si consuma un’accesa lotta di classe tra la decadente nobiltà latifondista, arroccata nel palazzo baronale dei Beneventano della Corte, e i braccianti. In mezzo, sul confine di quei due mondi, c’è Amelia Di Stefano, una donna fuori posto. 
Un proverbio popolare siciliano recita che un uccello in gabbia non canta per amore ma per rabbia. Amelia è una donna in trappola. Catanese di nobili origini, ha pagato duramente un errore commesso da giovane. Ora, tradita dalla famiglia e dagli amici della Catania dei salotti, si ritrova in esilio a Lentini, dove oscilla tra la relazione clandestina che la vincola a Francesco, primogenito del potente barone Beneventano della Corte, e il carisma della fiamma ideologica di Mariano Fortunato, personalità di spicco del sindacalismo locale. Attorno a lei, il popolino, la putía di Santina, i dammusi umidi, i colori e le voci del mercato, le corse dei devoti a piedi scalzi, le vanedde strette, la Grotta dei Santi e i suoi miracoli. A confortarla saranno l’affetto di Enza, capociurma di campagna dalla forte personalità, il sorriso imperfetto di Tanino, l’amico artigiano, o ancora la presenza di Ciccio lo sciancato, ultimo tra gli invisibili, che c’è sempre. I due universi convivono, si intrecciano. E Amelia sempre in mezzo, sempre in bilico. Fino a quando non si imporrà l’imperativo di una scelta. E allora nulla sarà come prima. 
In questo romanzo Giusy Sciacca ci restituisce una Sicilia arcaica e sanguigna che si lacera sotto le spinte di una modernità scandalosa, impaziente e ribelle che urla la propria ansia di cambiamento.

LA FORTUNA. Blackwater V

Michael MCDowell

1946. Come un organismo vivente, la famiglia Caskey si sviluppa e si trasforma. Alcuni affrontano la morte, altri accolgono la vita: tra riavvi¬cinamenti inattesi, rancori sordi e separazioni inevitabili le relazioni si evolvono. Ormai a capo della segheria e punto di riferimento del clan, Miriam lavora instancabilmente per rendere i Caskey sempre più ricchi. Una scoperta sorprendente e miracolosa – eccetto che per una persona – distribuirà la ricchezza anche in città. Ma sarà sufficiente questa improvvisa fortuna, ora che la natura reclama il suo debito? 

Piccole bugie. Le inchieste di Maisie Dobbs

Jacqueline Winspear

Londra, 1930. Maisie Dobbs, caschetto nero lucido e un velo di rossetto, è ormai una detective affermata. Accompagnata dal fedele assistente Billy Beale, risolve i suoi casi con grazia e intelligenza, battendo spesso sul tempo Scotland Yard e l’ispettore Stratton, cui la lega un rapporto misto di corteggiamento educato e conflittualità. Nei primi anni del nuovo decennio il mondo sfavilla di luci e divertimento, ma in Inghilterra le ferite della Grande Guerra non sono ancora del tutto rimarginate. Sono in molti a rivolgersi a sensitivi e spiritisti, nel disperato tentativo di scambiare ancora una parola con i cari perduti. È il caso della compianta moglie di Sir Cecil Lawton che, per via dell’intervento di una medium particolarmente priva di scrupoli, si era convinta che il figlio Ralph non fosse davvero deceduto in battaglia. 
È per questo che Sir Cecil ingaggia Maisie Dobbs: per avere conferma una volta per tutte che Ralph, disperso durante l’esplosione del suo areo in Francia, non è piú tra i vivi. Il caso, potenzialmente lucroso, turba però Maisie, che intuisce dietro la richiesta di Sir Cecil un conflitto irrisolto e un dolore ambiguo, carico di reticenza e paura. Per quanto tormentata dal dubbio, la donna decide comunque di accettare, ma a una condizione: che Sir Cecil difenda Avril Jarvis, una tredicenne che, accusata di omicidio da Scotland Yard, ha bisogno di un «avvocato miracoloso»: proprio ciò che Sir Cecil, barrister di alto rango, è. Con la sua prosa vivida e arguta, Jacqueline Winspear restituisce al lettore il fascino intatto di un’epoca remota, e i tormenti, le passioni, i dolori che la animano, cosí prossimi ai nostri.

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