Neri Pozza Editore | Alfio Caruso
 
  • Condividi :

Alfio Caruso

Alfio Caruso (Catania, 1950), giornalista e scrittore, dopo quattro romanzi si è dedicato alla storia italiana del Ventesimo secolo. Ne ha narrato l’escalation mafiosa (Da Cosa nasce Cosa, Perché non possiamo non dirci mafiosi, Io che da morto vi parlo, Milano ordina: uccidete Borsellino), l’abbondanza di misteri (Il lungo intrigo) e i piú importanti episodi della Seconda guerra mondiale (Arrivano i nostri, In cerca di una Patria, Noi moriamo a Stalingrado). Presso Neri Pozza sono apparsi I Siciliani (2012, beat 2014), Salvate gli italiani (2019), Cosí ricostruimmo l’Italia (2020), Garibaldi. Corruzione e tradimento (2020), Italiani dovete morire (nuova ediz. 2021), Tutti i vivi all’assalto (nuova ediz. 2022) e il romanzo Willy Melodia (nuova ediz. beat 2019).

I LIBRI

L'onore d'Italia. El Alamein: così Mussolini mandò al massacro la meglio gioventù

Alfio Caruso

Da ottant’anni El Alamein è un grido che risuona nei cuori e nelle menti d’Italia. Per i ragazzi dell’Ariete, della Trento, della Folgore, della Trieste, della Littorio, della Bologna, della Brescia, della Pavia, del 4° e del 150° stormo d’assalto, rappresentò l’appuntamento con un destino ingrato, da ciascuno onorato al meglio. A mandarli al massacro furono la sanguinaria follia del duce e il tradimento degli ammiragli. Mussolini nel ’41 e nel ’42 preferí inviare undici divisioni e il meglio dell’artiglieria nel mattatoio sovietico, anziché in Africa, dove avrebbero potuto cambiare il corso della guerra; i capi della Marina rivelarono agli inglesi le rotte dei trasporti verso Tripoli e Bengasi privando in tal modo l’armata italo-tedesca dei rifornimenti indispensabili per raggiungere il canale di Suez. Pur ignorati dalle ricostruzioni ufficiali, bersaglieri, parà, fantaccini, genieri, aviatori scrissero pagine di memorabile abnegazione persino a dispetto del regime, che li aveva abbandonati nel deserto. E gli italiani non scapparono, non alzarono le mani, spesso morirono in silenzio nella loro buca. Gli stessi successi di Rommel furono frutto, finché il nemico non se ne accorse, di una straordinaria operazione di spionaggio condotta dal maggiore dei carabinieri Manfredi Talamo, in seguito fucilato alle Fosse Ardeatine. A El Alamein cominciò la presa di coscienza dei ragazzi della generazione sfortunata, che avrebbe poi condotto gran parte dei pochi sopravvissuti della Folgore ad arruolarsi, dopo l’8 settembre, con gli angloamericani.

Tutti i vivi all'assalto

Alfio Caruso

Vent’anni dopo la prima edizione, Tutti i vivi all’assalto ritorna con l’aggiunta di tre capitoli per raccontare che cosa furono per gli alpini sopravvissuti la prigionia in Urss, le epidemie nei campi, il ritorno in un’Italia spesso matrigna. Dal 17 al 31 gennaio 1943 la Tridentina, la Cuneense e la Julia affrontano centinaia e centinaia di chilometri nella neve per sottrarsi all’Armata Rossa, che ha appena sopraffatto le truppe tedesche a Stalingrado. A guidare la marcia sulla neve degli alpini, ai quali si è accodata la Vicenza, è soprattutto il desiderio di ritornare «a baita» piú che l’amor di patria. Li guida la fedeltà ai monti e alle valli da cui provengono. Si cammina, si combatte e si muore a -40°, a -45°, in certe notti a -48°. A volte si arranca per dodici ore nella sterminata steppa di ghiaccio e poi bisogna andare all’arma bianca per conquistare una povera isba in cui ripararsi per qualche ora. Si lavora, dunque, di baionetta e bombe a mano perché mancano l’artiglieria e i carri armati, cosí come mancano il cibo e gli aerei. Sono combattimenti disperati nei quali «Tutti i vivi all’assalto» diventa il grido di riconoscimento e l’estremo atto di fede nei confronti del commilitone, del compaesano, del conoscente: e allora si pregano Dio e i santi che l’urina sia sufficiente a riscaldare la mitragliatrice, si chiede all’amico del cuore di essere uccisi piuttosto che cadere nelle mani del nemico. È la semisconosciuta anabasi italiana, la piú straordinaria avanzata all’indietro della storia militare, secondo gli storici americani e britannici. Buttate nella peggiore fornace della Seconda guerra mondiale dall’aberrante decisione di Mussolini d’inviare un corpo di spedizione in Unione Sovietica, le penne nere scrivono una pagina di epico e silenzioso valore. Alla fine saranno piú di centomila coloro che non faranno ritorno, oltre tremila coloro che ne porteranno un ricordo indelebile nelle carni, e anche chi la scamperà ne avrà comunque l’esistenza segnata.

Così ricostruimmo l'Italia

Alfio Caruso

All’inizio del giugno 1945, dopo un mese di pace in Italia, i mezzi di trasporto ferroviario, rispetto all’anteguerra, sono a un sesto, gli autocarri a meno della metà, la flotta mercantile a un decimo. Servono sette ore per andare da Roma a Napoli, trentasei da Torino a Roma su un unico treno giornaliero, trentatré da Milano.
Per il trimestre estivo, gli approvvigionamenti di carbone sono valutati a un decimo del fabbisogno, pure lo zucchero è a un decimo, la carne a un quarto. Il Nord della Penisola è attraversato da una scia di odio sanguinario; i partiti politici si sbranano sul futuro assetto statuale, monarchia o repubblica; l’indipendentismo minaccia la Sicilia; Tito ha allungato le mani su Trieste e il Friuli Venezia Giulia.
Eppure in quindici anni l’Italia stupirà il mondo con una rinascita che non ha precedenti.
Ad accompagnare i sogni arriva subito la schedina, prima con il «12», poi con il «13». Il Grande Torino, Coppi, Bartali ridanno un minimo di orgoglio a un Paese umiliato dal fascismo e annichilito dalla guerra persa. La scuola, il diploma, la laurea diventano il traguardo di moltissime famiglie convinte che il «pezzo di carta» consentirà ai figli un domani migliore. Scandali, imbrogli, misfatti rimangono spesso sotto il pelo dell’acqua e in ogni caso non infrangono l’ottimismo di fondo. La guerra fredda, lo scontro fra le grandi ideologie scavano baratri incolmabili, tuttavia permane una solidarietà di fondo tra le diverse anime della Nazione. Sia a destra, sia a sinistra in diverse occasioni l’interesse di bottega viene sacrificato davanti all’interesse generale.
Capo del governo per sette anni, l’asburgico De Gasperi tiene a freno i grandi nemici della sinistra, Togliatti e Nenni, e quelli dell’oltranzismo cattolico rappresentati da Luigi Gedda, il pupillo di Pio xii. Dalle ceneri dell’agip il monopolista a fin di bene Mattei costruisce l’eni e lo usa per rompere il predominio petrolifero delle sette sorelle. Dall’inventiva di Enzo Ferrari e di Enrico Piaggio nascono due gioielli invidiati dal mondo. Gli italiani sostituiscono la Vespa alla bici in attesa di salire prima sulla Seicento, poi sulla Cinquecento. La nascente televisione regala una lingua al Paese, lo racconta e lo fa conoscere ai tanti, che mai si sono mossi dal borgo natio. Il cinema italiano conosce il suo periodo più fecondo contrassegnato dagli oscar a De Sica e a Fellini, dai trionfi di Rossellini al festival di Cannes.
È la grande stagione della ricostruzione, un periodo della nostra storia in cui le accese divisioni sociali e politiche si accompagnano al comune desiderio di rinascita di una Nazione.

Italiani dovete morire

Alfio Caruso

A ventun anni dall’aver scritto il nome della divisione Acqui nel Pantheon della memoria, torna Italiani dovete morire, il libro che ha riportato al centro della storia nazionale il massacro dei nostri soldati a Cefalonia. Arricchito di nuovi capitoli e di nuove testimonianze, racconta i vani sforzi condotti dal 2000 dalla magistratura militare e ordinaria di portare a giudizio i militari tedeschi che si macchiarono dell’immonda strage (oltre cinquemila soldati e ufficiali passati per le armi dopo la resa).
Purtroppo i pochi responsabili individuati e ancora vivi l’hanno scampata. La giustizia della Germania ha fatto muro archiviando i procedimenti, assolvendo i colpevoli, negandone l’estradizione. Così il sottotenente del 98° Otmar Muhlauser, mastro pellicciaio in pensione a Dillingen sul Danubio, nel cuore della Svevia, si è sottratto alla condanna. Muhlauser comandava il secondo plotone, che cominciò la tragica giornata del 24 settembre fucilando il generale Gandin. Così l’ha scampata il caporale Alfred Stork, reo confesso: «Dovevamo sparare in tre su ogni ufficiale: uno in testa e due al petto. Al termine ero completamente sfinito. Abbiamo caricato i corpi su un vecchio traghetto, che si è diretto verso il mare aperto. Quando sono tornati abbiamo chiesto che cosa ne avessero fatto dei cadaveri, ci hanno risposto di averli legati insieme e gettati in mare».
Hanno tutti ripetuto di aver eseguito gli ordini ricevuti da Hitler. In ciascuno di loro il profondo convincimento bene sintetizzato dalla sentenza choc con cui la procura di Monaco ha respinto il desiderio di giustizia delle vittime italiane: «archiviazione perché i soldati italiani a Cefalonia erano traditori, e quindi andavano trattati come i disertori tedeschi: fucilati».
Per fortuna il ricordo dei tanti ragazzi (età media 24 anni), che s’immolarono in nome di un’Italia non più fascista e non ancora repubblicana, è tenuto vivo dai figli, dai nipoti, da quanti hanno scoperto in anni recenti il loro sacrificio. L’eccidio di Cefalonia, «una delle azioni più arbitrarie e disonorevoli nella lunga storia del combattimento armato», così fu definito a Norimberga, non è in tal modo caduto nell’oblio, grazie anche alle pagine di questo commovente e straziante libro che ne ricostruisce la tragica vicenda.

Garibaldi. Corruzione e tradimento

Alfio Caruso

Nel maggio del 1860, il Regno delle Due Sicilie rappresentava ancora la più grande e longeva realtà statuale dell’antico regime, un regno – con la sua passata storia di Regno di Napoli e Regno di Sicilia – plurisecolare che appariva, sulla carta, come la principale potenza della Penisola. Con l’impresa dei Mille, in soli sei mesi si dissolse. Una caduta tanto rapida quanto stupefacente, le cui cause sono tuttora oggetto di indagine e interrogazione da parte degli storici.

Narrando dell’impresa dei Mille come mai è stata raccontata, nel chiaro dei suoi eroismi e nello scuro di pettegolezzi, congiure di palazzo, voltafaccia improvvisi, diserzioni ben remunerate, Caruso mostra, in queste pagine, come corruzione e tradimento, insieme naturalmente alla risolutezza garibaldina, siano tra le principali cause della fine dei Borbone.
Usando testi più celebrati, testimonianze quasi ignote e l’intrigante memoir di padre Giuseppe Buttà, cappellano del ix battaglione cacciatori di Francesco ii, cui rimarrà fedele sino alla fine, il racconto non trascura nessuno dei capitoli e dei personaggi in gioco in quella pagina fondamentale della nostra storia. Così si apprende che nella scaramuccia di Calatafimi le camicie rosse di Garibaldi furono sempre il doppio dell’esangue battaglione borbonico spedito dal pavido generale Landi, più preoccupato di avere libera la via per Palermo che di ributtare a mare il nemico. La leggendaria incapacità del luogotenente Lanza, intessuta di vigliaccheria e rassegnazione al punto tale da consegnare Palermo a un Garibaldi sul punto di abbandonarla, si unisce alle mille indecisioni di Francesco, sopraffatto dall’opportunismo di ministri e cortigiani, spessoa libro paga di Cavour. E nel libro campeggiano gli spericolati intrighi del Gran Conte, che ignorava l’Italia oltre Firenze e tuttavia non si lasciò sfuggire l’occasione di farla.

Salvate gli italiani

Alfio Caruso

Il 15 luglio del ’44 Mussolini parte per incontrare il Führer a Rastenburg. È l’ultimo incontro nella Tana del Lupo, il quartier generale nazista nella Prussia orientale. Dopo aver attraversato la Germania devastata dalla guerra, il 20 luglio, allo snodo ferroviario di Görlitz, il convoglio viene fermato, i finestrini chiusi e oscurati.
Mussolini e Morera, il capo della missione militare della Repubblica Sociale a Berlino, ancora ignari del fallito attentato alla vita del Führer avvenuto alle 12.42 nella sala riunione di Rastenburg, si ritrovano da soli nello scompartimento. Il Duce, il volto sofferente, segnato da una profonda amarezza, dice a Morera che l’unico compito della missione militare a Berlino è salvare i settecentomila italiani internati in Germania, che avendo opposto, per la quasi totalità, un netto rifiuto alla richiesta di aderire alla Repubblica Sociale, erano ammassati in campi desolati e sottoposti a una vita di stenti e soprusi.
Un’affermazione sorprendente da parte del capo del fascismo, che soltanto qualche anno prima aveva preteso qualche migliaio di morti per sedersi al tavolo della pace. Il compito, tuttavia, viene eseguito alla lettera dal pugno di ufficiali e diplomatici presenti a Berlino: il generale Morera, innanzi tutto, il tenente colonnello Viappiani, il giovanissimo consigliere d’ambasciata Bettoni, il direttore del SAI, il Servizio Assistenza Internati, Foppiani, tutti rappresentanti del fascismo in terra tedesca che non esitano a sfidare la Gestapo.
Da Bettoni, che indossa la divisa da tenente delle SS per strappare ai nazisti alcuni italiani condannati a morte, al console Giretti, che nasconde per venti mesi una coppia di coniugi ebrei, nella Berlino del 1944 si gioca ogni giorno una rischiosissima partita nel nome della comune origine, al di là delle feroci contrapposizioni ideologiche. Fino all’ordine finale di Mussolini: non un italiano deve morire per difendere Berlino.
Basandosi sulle testimonianze di Renzo Morera, figlio del generale Morera, e di Prisca Bettoni, figlia dell’allora consigliere d’ambasciata, Alfio Caruso illumina un’importante pagina della storia facendola riaffiorare dall’oblio, oltre a mostrare la natura conflittuale del sodalizio tra Mussolini e Hitler.

I Siciliani

Alfio Caruso
Non vi è forse popolo, tra le genti che affollano lo stivale, che piú dei siciliani abbia dato alla storia patria grandi geni e, insieme, grandi criminali, sublimi scrittori e altrettanto eccelsi malfattori, sofisticate menti politiche ed efferati attentatori del bene pubblico. Questo libro perciò si guarda bene dall’avanzare una qualsiasi tesi sulla loro impenetrabile identità. Esso narra piuttosto di alcuni personaggi che hanno il pregio di esporre in maniera esemplare il «mistero della sicilitudine».
Da Federico stupor mundi a Tomasi di Lampedusa che, in ossequio alla ferrea regola dell’odio vigilante, scrisse il suo capolavoro per dare una lezione a De Roberto, accusato di aver raccontato, con I viceré, la nobiltà spiata dal buco della serratura; da Telesio Interlandi improbabile cantore del razzismo mussoliniano con tanto di prezzario degli aggettivi a Luigi Pirandello che della sicilianità esprime al massimo grado la goduria di farsi la guerra da solo (Il fu Mattia Pascal), e la consapevolezza che il manicomio sia il nostro habitat naturale (Sei personaggi in cerca d’autore); da Ettore Majorana convinto estimatore del nazismo a Giuseppe Peri oscuro vicequestore angariato, insultato e fatto morire di crepacuore per aver denunciato in grande anticipo la strategia della tensione; dai fratelli Lanza di Trabia saltellanti fra i Ciano, Eisenhower e Togliatti per difendere feudi e privilegi a Vito Guarrasi signore incontrastato e sconosciuto di cinquant’anni di potere in Italia; da Falcone e Borsellino uccisi per non farli indagare su Milano, dal 1970 capitale economica di Cosa Nostra, a Giuseppe Francese suicidatosi subito dopo la condanna degli assassini mafiosi del padre Mario; dai cantori del peggio, Leoluca Orlando Cascio, Marcello Dell’Utri, Raffaele Lombardo, a Totò Cuffaro, che non bacia piú nessuno, il libro racconta una storia siciliana del mondo e del nostro Paese spesso segnata dagli odi inestinguibili tra comparuzzi: Concetto Marchesi contro Giovanni Gentile; il generale Vito Miceli contro il generale Giovanni De Lorenzo per finire con la sfida di cui ancora oggi portiamo i segni: Enrico Cuccia contro Michele Sindona.
Una galleria di oltre sessanta personaggi divisi in dieci categorie (I figli della Storia - I figliastri della Storia - Sperti e malandrini - C’eravamo tanto odiati - La vita è un film senza il lieto fine - I nipotini di Platone - Le padrone dell’Universo - I devoti di un dio maggiore - I devoti di un dio minore - I paladini di carta) per addentrarsi nel genius loci di un’isola unica e irripetibile.
Newsletter

Resta aggiornato sulle novità e non perderti neanche un'anticipazione

Compila di seguito il campo inserendo la tua mail personale per ricevere la nostra newsletter