Neri Pozza Editore | Boualem Sansal
 
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Boualem Sansal

Boualem Sansal è nato nel 1949 in Algeria e vive a Boumerdès, nei pressi di Algeri. Alto funzionario del ministero dell’Industria algerino fino al 2003 (incarico da cui fu allontanato per i suoi scritti e le sue prese di posizione politica), ha vinto il Prix du premier Roman e il Prix Tropiques 1999 con il suo primo romanzo Le serment des barbares, il Grand Prix RTL-Lire 2008 con Le Village de l’Allemand, e il Grand Prix du roman 2015 de l’Académie française con 2084. La fine del mondo (Neri Pozza,  2016). Nel 2014 è stato nominato per il Premio Nobel per la letteratura.

I LIBRI

Il treno di Erlingen

Boualem Sansal

Élisabeth Potier, docente di storia e geografia in pensione, residente a Seine-Saint-Denis, è una vittima collaterale dell’attentato islamico del 13 novembre 2015 a Parigi. Dopo alcuni giorni passati tra la vita e la morte, la donna esce dal coma con un’altra personalità, e con questa identità morirà un mese dopo. Per decifrare la testimonianza scritta che ha lasciato a sua figlia Léa occorre passare attraverso l’incredibile racconto della baronessa Ute von Ebert, residente a Erlingen, in Germania.
Da settimane Ute vive rinchiusa, minacciata da un misterioso nemico che, come un’epidemia, si diffonde sulla terra e agisce per ridurre la specie umana in schiavitú. Per sfuggire a questa minaccia, gli abitanti di Erlingen attendono con trepidazione l’arrivo del treno che li porterà in salvo, ma il treno ancora non si vede.
Attraverso una serie di sarcastiche lettere che Ute scrive a sua figlia Hannah traspaiono tutta l’angoscia e l’incertezza per una situazione ai limiti della realtà: ogni giorno viene detto ai cittadini di Erlingen che il treno arriverà, per poi sostenere il contrario. Bisogna sempre tenersi pronti, ed è spossante. Nessuno sa, inoltre, con chi e con cosa abbiano a che fare; al punto che la minaccia ha preso ormai il generico nome di «nemici», una parola che contiene tutte le ipotesi.
Come è cominciato tutto questo? E in che modo le storie di Élisabeth Potier e Ute von Ebert, e quelle delle loro figlie Léa e Hannah, entrambe residenti a Londra, sono collegate tra di loro?
Attraverso un’avvincente storia che si discosta notevolmente dai soliti schemi narrativi di finzione, l’autore di 2084. La fine del mondo consegna al lettore un potente romanzo che narra del destino di due donne nell’epoca in cui la teocrazia islamista si insedia nel cuore dell’Occidente.

Nel nome di Allah. Origine e storia del totalitarismo islamista

Boualem Sansal
Questo libro tratta dell’ascesa dell’islamismo nel mondo arabo. Non è, però, un trattato accademico né un’inchiesta giornalistica, ma una ricostruzione narrativa basata sulla testimonianza di uno scrittore il cui paese, l’Algeria, già dai primi anni Sessanta si è dovuto misurare con tale fenomeno.
I primi predicatori religiosi islamisti, per lo più membri dei Fratelli musulmani, fecero infatti la loro comparsa in Algeria all’indomani della guerra di liberazione dalla colonizzazione francese (1954-1962). Arrivavano tutti dai paesi del Medio Oriente, dove venivano puntualmente perseguitati dai regimi e dalle tirannie al potere.
L’Algeria era in quegli anni «la Mecca dei rivoluzionari», un paese socialista, terzomondista, profondamente laico, guardato con ammirazione in tutto il mondo progressista. Algeri era una città dove accorrevano Che Guevara, Castro, Mandela, il generale Giap e altri celebrati «eroi» delle guerre di liberazione dell’epoca. Agli occhi della società progressista algerina i predicatori islamisti apparivano perciò come individui bizzarri dall’abbigliamento e dal vocabolario così stravaganti da suscitare simpatia. Anni dopo quella stessa società scoprì, dapprima con sommo stupore e poi con somma impotenza, che quell’islamismo così misero e insignificante si era talmente diffuso in tutto il paese, attraverso la rete delle moschee e dei suk, da mobilitare folle immense, organizzare milizie capaci di imporre l’ordine islamista nelle strade, sviluppare un’economia cosiddetta islamica, accaparrarsi in modo massiccio le attività caritatevoli, estirpare la delinquenza nei quartieri sotto il suo controllo, sfidare ogni giorno lo Stato, infiltrarsi nelle rivolte popolari, installarsi in Occidente e attaccare la democrazia utilizzando la democrazia stessa con abilità e astuzia.
Nel nome di Allah è un’agile storia delle varie correnti, scuole e movimenti dell’islamismo, e del suo rapporto con la cultura «araba», che getta luce su un fenomeno che, benché abbia offuscato l’immagine dell’Islam, trasformandosi in un fascismo assassino che obbedisce solo alla volontà di potenza, continua a piantare radici nel mondo musulmano.

2084. La fine del mondo

Boualem Sansal
Nell’Abistan – un impero cosí vasto da coprire buona parte del mondo – 2084 è una data presente ovunque, stampata nel cervello di ognuno, pronunciata in ogni discorso, impressa sui cartelli commemorativi affissi accanto alle vestigia dello Shar, la Grande Guerra santa contro i makuf, i propagandisti della «Grande Miscredenza».
Nessuno sa a che cosa corrisponda davvero quella data. Qualcuno dice che ha a che fare con l’inizio del conflitto, altri con un suo particolare episodio. Altri ancora che riguardi l’anno di nascita di Abi, il Delegato di Yölah, oppure il giorno in cui Abi fu illuminato dalla luce divina, al compimento del suo cinquantesimo anno di età. In ogni caso, è da allora che l’immenso paese, che era detto semplicemente il «paese dei credenti», fu chiamato Abistan, il mondo in cui ci si sottomette gioiosamente alla volontà di Yölah e del suo rappresentante in terra, il profeta Abi.
La Grande Guerra santa è stata lunga e terribile. Le sue tracce sono religiosamente conservate: edifici sventrati, muri crivellati, interi quartieri sepolti sotto le macerie, enormi crateri trasformati in immondezzai fumanti.
Tuttavia, l’armonia piú totale regna ora nelle terre dell’Abistan. Nessuno dubita delle autorità – gli Onorevoli e gli Adepti della Giusta Fraternità e i membri dell’Apparato – cosí come nessuno dubita che Yölah abbia offerto ad Abi di imprimere un nuovo inizio alla storia dell’umanità. L’abilang, una nuova lingua, ha soppiantato tutte le lingue precedenti, considerate stolti idiomi di non-credenti. Le date, il calendario, l’intera storia passata dell’umanità non hanno ormai piú alcuna importanza e senso nella Nuova Era, e tutto è nella mano di Yölah. Yölah sa le cose, decide del loro significato e istruisce chi vuole. Agli uomini non resta che «morire per vivere felici», come recita il motto dell’esercito abistano.
Perché, però, dubbi e sospetti si insinuano nella mente del trentacinquenne Ati al ritorno a Qodsabad, la capitale dell’impero, dopo anni trascorsi in un sanatorio arroccato su una montagna? Perché nel suo cuore si fa strada la tentazione di attraversare la Frontiera, al di là della quale, si dice, vivano i Rinnegati, i makuf, i propagandisti della Grande Miscredenza capaci di tutto?
Ispirato alla celebre opera di George Orwell 1984, 2084. La fine del mondo, narra di un mondo futuro dove tutti gli incubi del presente sembrano realizzati nella forma di una feroce teocrazia totalitaria.
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