Neri Pozza Editore | Georges I. Gurdjieff
 
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Georges I. Gurdjieff

George I. Gurdjieff (1877-1949), nato ad Alessandropoli nella Russia meridionale, da un ricco allevatore di pecore che godeva grande fama come narratore popolare, fu educato da prima alla grande tradizione orale propria delle regioni a sud del Caucaso dove si incrociano culture diverse e antichissime, poi a rigorosi studi scientifici e ad una profonda eduzione religiosa da sacerdoti armeni. Dopo aver viaggiato a lungo in Europa, Africa, Medio Oriente, Asia Centrale per raccogliere i frammenti sparsi delle antiche tradizioni di saggezza, si dedicò a ricostruire organicamente la conoscenza della verità perduta e trasmetterla agli occidentali attraverso la l'insegnamento e, più tardi, una serie di libri ancora oggi fondamentali per tutti coloro che sono interessati alla ricerca spirituale. Tra le sue opere Neri Pozza ha pubblicato I racconti di Belzebù a suo nipote (1999), Vedute sul mondo reale (2000) e La vita è reale solo quando "Io sono" (2002).

I LIBRI

Vedute sul mondo reale

Georges I. Gurdjieff

Le idee di G.I Gurdjieff sono principalmente note ai lettori attraverso lo scritto di un suo allievo, P.D. Ouspensky, che trasmise l'insegnamento ricevuto direttamente da Gurdjieff nel libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto. Ouspensky ci ha lasciato una straordinaria testimonianza del lavoro fatto con Gurdjieff, tra gli anni che vanno dal 1915 al 1923, e il suo libro è sempre stato ritenuto una traccia genuina di questo lavoro.Tuttavia il racconto di Ouspensky non poteva essere esaustivo, data soprattutto la natura del suo soggetto: "Le idee del Lavoro" e la figura di colui che meglio di tutti aveva incarnato queste idee, George Ivanovitch Gurdjieff.
Le opere scritte direttamente da Gurdjieff parlano di un insegnamento che viene da lontano e ne lasciano intuire la grandezza nei piccoli frammenti o negli improvvisi bagliori che talvolta sorprendono il lettore più attento, ma soprattutto mettono di fronte l'uomo contemporaneo ad un insegnamento la cui vastità non cessa di sorprendere.
L'opera di Gurdjieff ci sorprende nel comunicarci immediatamente il senso di una novità e insieme il legame con una tradizione. In questo senso Vedute sul mondo reale, ci offre la possibilità di gettare un ulteriore e diverso sguardo sull'insegnamento, presentandoci un aspetto del lavoro di Gurdjieff che non appare così chiaramente né nel libro di Ouspensky, né nelle opere scritte da Gurdjieff stesso.
È un libro particolare in quanto non è il frutto del lavoro di un singolo, ma presenta una serie di testimonianze di quegli incontri così frequenti che Gurdjieff aveva coi suoi allievi nei momenti più inattesi e nei luoghi più disparati. Siamo qui più vicini al cuore del "Lavoro", più vicini al momento in cui la trasmissione di questo insegnamento si faceva concreta nell'istante del contatto diretto col "Signor Gurdjieff". Questi resoconti non sono un trattato di filosofia, eppure la profondità di quelle parole semplici e dirette risveglia nell'uomo il senso di una domanda che può aprire il varco verso un mondo "più reale".
D.C.

I racconti di Belzebù a suo nipote

Georges I. Gurdjieff

Fino al 1924, G.I. Gurdjieff aveva insegnato alla maniera orientale, comunicando le sue idee a un piccolo gruppo di allievi, sempre e solo in modo diretto sia nella teoria che nella pratica, senza mai permetter loro di trascrivere le indicazioni ricevute. Ma quell'anno, in seguito a un grave incidente, egli ritenne che fosse giunto il momento di far conoscere l'insieme delle sue idee "in una forma accessibile a tutti". Si trattava cioè di evocarle in un libro che potesse suscitare nel lettore sconosciuto una nuova e inabituale corrente di pensieri; perciò egli decise di adottare la forma, comune alle grandi tradizioni, di un racconto mitico "su scala universale" e tuttavia centrato sul problema essenziale: il significato della vita umana. Allora, pur senza abbandonare le sue altre attività, si piegò al mestiere di scrittore, con la prontezza e il vigore che lo caratterizzavano e con quell'abilità artigianale che in gioventù gli aveva permesso di imparare tanti altri mestieri. L'opera fu scritta in condizioni spesso difficili e nei luoghi più disparati. Man mano che procedeva la stesura, egli ne faceva leggere ad alta voce i brani, che poi rielaborava. Qualche anno più tardi, portato a termine il suo compito, Gurdijeff non aveva scritto solo un libro, bensì una serie di libri. A questo insieme monumentale egli diede come titolo Di tutto e del Tutto. I Racconti di Belzebù a suo nipote ne costituiscono la prima parte. Sin dall'inizio intorno al libro si crea una leggenda: il suo carattere insolito fa sì che molti lo dichiarino impubblicabile. E tuttavia nel 1948, un anno prima della sua morte, Gurdijeff ne fa preparare l'edizione in diverse lingue, e nel '50 viene pubblicato simultaneamente in America, in Inghilterra e in Austria. Da allora è stato tradotto e pubblicato in decine di paesi, e in Italia la prima edizione, da lungo tempo esaurita, viene oggi ripresentata in versione riveduta. Se la pubblicazione di questo libro è stata sin dall'inizio un avvenimento culturale, essa è certamente ancor più un avvenimento umano: giacché si rivolge a chiunque porti in sé le domande fondamentali a cui, a suo avviso, né la scienza né la filosofia moderna hanno dato risposta. Questo libro sarà allora un'avventura forse difficile in una terra sconosciuta e sconcertante ma, se ha risvegliato il desiderio di viverla, sarà certamente un'avventura straordinaria.
L.C.

La vita è reale solo quando "Io sono"

Georges I. Gurdjieff

«Io sono ... Che ne è di quella sensazione globale di me stesso che provavo in passato quando pronunciavo queste parole in stato di ricordo di me?» Così comincia questo libro: con una frase che colpisce dritto al cuore, e con la quale sembra quasi che Gurdjieff voglia svelarsi nella sua umanità rivelandoci qualcosa di sé e del suo cammino sulla via della conoscenza. Il libro fa parte della Terza serie, rimasta incompiuta, dell'opera che ha come titolo Di tutto e del tutto.
È composto da un prologo e da un'introduzione seguiti da cinque conferenze tenute a New York nel 1930. L'ultimo capitolo, intitolato Il mondo esteriore ed il mondo interiore dell'uomo, si interrompe a metà di una frase ed è, secondo John G. Bennet, l'ultima cosa scritta da Gurdjieff.
Dopo il grande affresco dei Racconti di Belzebù a suo nipote e la meraviglia di Incontri con uomini straordinari, Gurdjieff si rivela, in queste pagine, diretto ed essenziale al massimo grado.
Il carattere organico delle prime due opere viene sovvertito a favore di una scrittura che ha il sapore di quelle note prese nell'urgenza di lanciare un ultimo appello a chi non si accontenta di risposte frettolose, ma desidera compiere il faticoso cammino della ricerca. Posto in bilico fra il mondo esteriore delle sue acquisizioni e il mondo interiore dei suoi stati d'animo, l'uomo, secondo Gurdjieff, è chiamato a realizzare in sé un nuovo mondo, il «mondo dell'uomo» in cui «Io sono» diventa altro da una vuota affermazione di identità personale, il solo mondo che può, a ragione, chiamarsi «il mondo dell'anima».
L'uomo è un essere incompiuto che, per sua stessa natura, è chiamato a un lavoro per l'essere: è il lavoro dell'uomo, l'unico lavoro che apre e svela il senso della nostra umanità. L' «Io sono» non sarà più qualcosa da affermare ma si trasformerà in una domanda che, nell'atto stesso di chiedere, chiama tutto ciò che ci costituisce a una rinnovata unità, a un ritrovato senso del proprio «Me».
Solo allora la «realtà» della nostra vita potrà essere pesata alla luce di un gusto dell'essere che indica il lungo cammino dell'uomo verso la coscienza.
D.C.

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