
Confabulazioni
L’idea che la lingua sia «un corpo, una creatura vivente» in cui le parole accolgono perennemente altre parole in una interna e continua confabulazione, mostra quale rapporto John Berger intrattenga con la scrittura e, in generale, con l’universo dei segni. Una relazione con una infinita, misteriosa potenzialità che attraversa tutti i linguaggi, quelli articolati, ma anche quelli inarticolati; quelli verbali, ma anche quelli non-verbali, gli idiomi parlati dall’insieme degli esseri viventi.
Il disegno, che puntualmente accompagna le parole nei testi di Berger, non è affatto, da questo punto di vista, un ornamento della scrittura, ma la forma forse più alta di fedeltà al corpo della lingua così intesa.
Come scrive Maria Nadotti, nella postfazione in cui ripercorre il suo lungo sodalizio con l’autore, «il disegno, attività prediletta, probabilmente vocazionale, di JB, è forse proprio la decifrazione paziente – acustica, olfattiva, tattile, oltre che visiva – di questi segni destinati e non-destinati a noi. Lì, in sé, a portata di mano e tuttavia indipendenti da noi, una foglia, un campo, il movimento ondivago dell’erba ci rimandano a una misteriosa, potenziale unità».