Neri Pozza Editore | Stenio Solinas
 
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Stenio Solinas

Stenio Solinas è nato a Roma. Giornalista, vive e lavora a Milano. Tra i suoi libri, Compagni di solitudine, L'onda del tempo, Percorsi d'acqua, Vagamondo, Da Parigi a Gerusalemme. Sulle tracce di Chateaubriand, Gli ultimi Mohicani, L'infinito Sessantotto. Per Neri Pozza ha pubblicato Il corsaro nero. Henry de Monfreid l'ultimo avventuriero (Premio Acqui Storia, 2016) e Genio ribelle. Arte e vita di Wyndham Lewis (2018).

I LIBRI

Genio ribelle. Arte e vita di Wyndham Lewis

Stenio Solinas

Nella Londra novecentesca fra le due guerre, una strana figura d’artista fa il vuoto intorno a sé. Si chiama Wyndham Lewis e ha fondato una rivista che non ha  collaboratori ed espone un unico pensiero: il suo. Le ha dato come titolo «The  Enemy», Il Nemico, ed è quello che lui vuole essere, un fuorilegge solitario e un proscritto rispetto all’establishment e alle mode del suo tempo. Il risultato sarà l’ostracismo in patria e all’estero destinato a trasformarlo in un oggetto misterioso e in un soggetto infrequentabile.
Già volontario nella Prima guerra mondiale, un’esperienza da cui trarrà oli e disegni che lo pongono al vertice della pittura inglese in materia, negli anni Venti Lewis  cerca una nuova strada che superi il puro astrattismo e il romanzo psicologico.  Egotista e collerico, amico e rivale di Pound come di Eliot e di Joyce, acerrimo nemico  del «gruppo di Bloomsbury», con The Apes of God, Le scimmie di Dio, scrive la più devastante satira di un mondo intellettuale dove dilettantismo e giovanilismo si danno la mano.
Divenuto il più grande ritrattista della sua generazione, gli anni Trenta lo vedranno ingaggiare, sempre in perfetta solitudine, una battaglia contro i «compagni di  strada» che flirtano con il bolscevismo sovietico. In esilio volontario in Canada  durante la Seconda guerra mondiale, Lewis tornerà in seguito in patria riprendendo la sua posizione di outsider e di proscritto rispetto all’ordine costituito. Come critico d’arte sarà il primo a intuire il genio di Francis Bacon ma, ironia del  destino per chi come lui aveva fatto dell’«occhio» la sua ragione estetica, trascorrerà l’ultimo decennio della sua vita nella più completa cecità.
In questo libro Stenio Solinas traccia non solo il ritratto di Wyndham Lewis, ma anche quello di un milieu culturale dove, sullo sfondo di crisi economiche, guerre e rivoluzioni, a muoversi sono figure d’eccezione: i già citati Pound, Joyce, Eliot e poi Orwell, Hemingway, T.S. Lawrence, Augustus John e Marinetti, Gertrude Stein, i Sitwell e D.H. Lawrence, Gaudier- Brzeska e Roger Fry, Auden, Isherwood e Spender, Oswald Mosley e Winston Churchill, Virginia Woolf e Nancy Cunard.
Biografia e insieme romanzo di formazione, Genio ribelle ripercorre la storia complessa e affascinante di un Titano della mente ed è in filigrana un’analisi  dell’«altro modernismo», quello classico e non romantico, spaziale e non temporale, rivoluzionario-conservatore uscito sconfitto dallo Spirito del tempo che nel Novecento avrebbe finito con l’imporsi.

Saint-Just. La vertigine della Rivoluzione

Stenio Solinas

Fra i protagonisti della Rivoluzione francese e del Terrore nessuno è così tragicamente e ambiguamente affascinante come Saint-Just. Definito nell’Ottocento «Arcangelo della morte» da Michelet, «Spada vivente» da Taine, riletto nel Novecento di volta in volta come precursore dei socialisti utopisti, dei fascisti, dei leninisti, per i suoi contemporanei Saint-Just fu l’accusatore feroce di Luigi XVI, dei Girondini e di Danton; il rappresentante implacabile della Convenzione presso le armate del Reno e del Nord; il membro inflessibile del Comitato di Salute pubblica; la vittima impassibile del 9 Termidoro. Entrato in politica a vent’anni, ghigliottinato che ne aveva ventisette, libertino nel 1789 e teorico della virtù nel 1793, uomo di cuore e uomo di sistema, fu il più contraddittorio dei rivoluzionari, una sorta di Giano odiato, ma mai disprezzato, ammirato, ma mai amato. Nessuno ha anche goduto come lui di un culto letterario e artistico che ha finito per farlo salutare come un fratello di Rimbaud e di Shelley, un erede virtuoso di de Sade. È stato un modello per pittori romantici quanto l’oggetto di meditazione per saggisti e narratori, da Camus a Malraux, da Drieu a Marguerite Yourcenar, di fascino per cineasti: nel Napoléon, di Abel Gance, sarà lo stesso regista a interpretarlo. Uomo politico e uomo d’azione, uomo di Stato e uomo di pensiero, Saint-Just è oggi l’unico contemporaneo fra i suoi compagni dell’89. Lo è perché in lui si mischia il culto della giovinezza, l’estetica e l’etica, l’idea della felicità possibile su questa terra e della necessità di arrivarci anche a costo dell’orrore, il riproporsi periodico della tentazione di rifare l’uomo anche suo malgrado, l’inchinarsi alla volontà generale e alla sanità del popolo anche se questa coincide con l’asservimento dell’individuo e la fine delle libertà. Raccontare Saint-Just è dunque fare luce su ciò che ci circonda.

Quel treno per Baghdad

Stefano Malatesta, Francesco Alliata, Stenio Solinas, Giuseppe Cederna, Maurizio Tosi, Matteo Pennacchi, Diego Planeta, Boris Biancheri, Mario Fales
Irresistibilmente attratta dalle circostanze della vita in cui gli esseri umani – e le loro esistenze, i loro sogni e le loro speranze – si mescolano insieme, la letteratura non poteva sottrarsi al fascino dei treni, mezzi di trasporto in cui l’immaginazione, e non di rado la realtà, hanno generato da sempre mirabolanti avventure.
Non stupisce perciò che, dopo aver curato una raccolta di racconti di suspense ambientati in treno, Stefano Malatesta abbia deciso di mettere insieme delle storie che ruotano questa volta attorno al récit de voyage in treno, vale a dire quel genere letterario in cui il viaggio si fa racconto di una vicenda realmente vissuta o di un accadimento reale, con il suo corollario di incontri, emozioni ed esperienze fuori dell’ordinario.
Abbiamo così, in questa raccolta, il principe Alliata che ricorda un viaggio su una ferrovia a scartamento ridotto in Sicilia per raggiungere le miniere di zolfo di proprietà della famiglia, quando lui era appena un ragazzo; Boris Biancheri, il segretario generale della Farnesina scomparso di recente, che narra del libro più bello del mondo: l’orario ferroviario; Giuseppe Cederna che racconta del viaggio, su un Settebello lanciato a tutta velocità, verso le terre incognite dell’arte comica; Mario Fales, professore di Assiriologia all’università di Udine, che con ironia e precisione ci parla del treno per Baghdad, il sogno di fine Ottocento di collegare l’Europa con l’Oriente; Stefano Malatesta che narra di Norman Douglas e del Train Bleu, una li nea ferroviaria di lusso con cabine solo di prima che par tiva da Londra, toccava Calais, raggiungeva Nizza e termi nava la sua corsa a Mentone, al confine con l’Italia; Matteo Pennacchi che racconta del viaggio sulla Transiberiana durante il suo «giro del mondo senza soldi e senza bagagli»; Diego Planeta che, come Bruce Chatwin ne Le vie dei canti, prende spunto da una ferrovia scomparsa che, con magnifica vista sul mare, attraversava le colline intorno a Menfi; Vito P. che racconta di due viaggiatori, un lui e una lei, che in uno scompartimento affollato si osservano a vicenda e rimuginano sulla propria esistenza; e, infine, Stenio Solinas che ripercorre il tratto di una ferrovia africana, dove leoni affamati ma pigri trovano molto più comodo saltare nei treni e portarsi via ferrovieri e viaggiatori, che andare a caccia di impala.
Storie vere, avventure immaginate e vissute, eventi storici che ci restituiscono tutti l’intramontabile fascino del viaggio in treno.
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