Leggi il primo capitolo de L’uomo che amava i libri

In anteprima il primo capitolo del romanzo di Patrick Dewitt

La mattina del giorno in cui sarebbe andato per la prima volta al centro anziani Gambell-Reed, Bob Comet si svegliò nella sua casa dalla facciata color menta, a Portland, Oregon, con un senso di delusione per via di un sogno interrotto. Aveva di nuovo sognato l’Hotel Elba, un albergo sulla costa nel quale aveva soggiornato a metà degli anni Quaranta, quando aveva undici anni, e che ormai non esisteva più da tempo. La memoria non era certo il suo forte, quindi il fatto di conservare un ricordo cosí vivido di quel posto dopo tanti anni era una continua fonte di meraviglia per lui. Ancor piú sorprendente era l’emozione che accompagnava questa reminiscenza visiva: il suo cervello era puntualmente inondato dalle tipiche reazioni chimiche che annunciano l’inizio di un profondo coinvolgimento romantico, sebbene all’epoca del suo soggiorno in albergo non conoscesse ancora l’amore. A letto, appena sveglio, Bob indugiava ora su questa sensazione di amore che andava allontanandosi da lui. Si tirò su a sedere e inclinò la testa di lato, con lo sguardo perso nel vuoto. Era un bibliotecario in pensione, aveva settantun anni, e non era infelice. Stava bene di salute e passava le sue giornate a leggere, cucinare, mangiare, riordinare la casa e fare passeggiate. Le passeggiate spesso coprivano chilometri e cominciavano senza una meta precisa: sceglieva gli itinerari seguendo impulsi estemporanei, stimoli visivi o sonori promettenti che coglieva in strade altrettanto promettenti. Una volta, in centro, aveva visto un appartamento che stava andando a fuoco: i pompieri avevano tratto in salvo un neonato da una finestra all’ultimo piano, con gli astanti giú in strada che esultavano tra le lacrime; un’esperienza che lo aveva elettrizzato enormemente. Un’altra volta, nel quadrante sud-est della città, aveva visto un pazzo che si era messo a sradicare le piante dalle aiuole davanti all’ambulatorio veterinario, con i cani che lo guardavano da dietro le finestre allungando il collo e abbaiando tutto il loro disappunto. In genere non succedevano cose degne di nota o di considerazione, ma era comunque positivo tenersi in movimento, uscire tra la gente, anche se Bob interagiva di rado con le altre persone. Non aveva dei veri e propri amici, il suo telefono non squillava mai, non aveva parenti, e se qualcuno bussava alla sua porta di sicuro era per vendergli qualcosa; ma l’assenza di amicizie non lo turbava, non sentiva il desiderio di compagnia. Bob aveva da tempo rinunciato all’idea di conoscere qualcuno, o di lasciarsi conoscere. In parte comunicava con il mondo camminandoci dentro, ma perlopiú la sua comunicazione con l’esterno avveniva tramite la lettura. Fin dall’infanzia leggeva romanzi, esclusivamente, e con tutto sé stesso. Quel giorno, prima delle nove, Bob aveva mangiato ed era uscito di casa. Si era vestito dando ascolto alle previsioni meteo, solo che le previsioni non ci avevano preso, e cosí Bob era uscito nel mondo impreparato al freddo e alla pioggia. A lui piaceva stare in giro con il brutto tempo, ma soltanto se adeguatamente equipaggiato; in particolare non gli piaceva avere le mani fredde, come adesso, e cosí entrò in un 7-Eleven, dove si versò una tazza di caffè e si trattenne nei pressi dell’espositore dei giornali per riscaldarsi, mentre cercava di farsi un’idea delle ultime notizie leggiucchiando i titoli. Alla cassa c’era un ragazzo sui vent’anni, cordiale, ma distratto da una donna in fondo al negozio, ferma davanti alle porte di vetro dei frigoriferi con le bevande. Lei indossava una tuta rosa, un paio di scarpe da ginnastica bianchissime, un berretto da baseball con la parte posteriore a rete, un paio di occhiali da sole dalle lenti scure, e se ne stava ferma lí come una statua. Era vestita come una bambina o un’adolescente, ma da sotto il berretto spuntava una zazzera bianca e scarmigliata: aveva tra i settanta e gli ottant’anni. Il cassiere sembrava preoccupato, e Bob gli chiese con un filo di voce: «Tutto a posto?» «Non direi proprio» disse il cassiere a sussurrando. «Cioè, non mi pare che abbia assunto sostanze, e i vestiti sono puliti. Ma è da tre quarti d’ora che fissa le bevande energetiche, e ho paura che prima o poi dia i numeri». «Ha provato a parlarle?» «Le ho chiesto se stava cercando qualcosa e se potevo aiutarla. Nessuna risposta». «Vuole che vada a controllare io?» «E se poi dà i numeri?» «Ma cosa intende per “dare i numeri”?» «Cose che non potrei nemmeno nominare in una conversazione educata. E la polizia viene solo se ci sono di mezzo le armi. Ma lei lo sa in quanti modi è possibile dare i numeri anche senza un’arma? Un milione, letteralmente». Mentre parlavano non staccavano gli occhi dalla donna. Bob disse: «Vado a controllare». «Va bene, ma poi se la sente di accompagnarla all’uscita, se la signora dovesse dare i numeri?» Il cassiere allargò le braccia e fece una sorta di gesto contenitivo. «Una volta raggiunto il parcheggio è fuori dal mio territorio di competenza». Bob si avvicinò alla figura vestita di rosa, canticchiando bonariamente, un po’ per annunciare il suo arrivo e un po’ per far capire che era un amico. «Salve» le disse, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. Lei non reagí in nessun modo percettibile; i suoi lineamenti erano nascosti dal berretto, i capelli e gli occhiali da sole. «Tutto a posto, signora? Posso esserle d’aiuto?» Di nuovo nessuna reazione. Bob guardò il cassiere, il quale si toccò una spalla per comunicargli che avrebbe dovuto scuotere la donna. Bob le posò una mano sulla spalla, ma senza scuoterla; e nell’istante stesso in cui la toccò, lei, come un robot che veniva azionato, prese vita, diede le spalle a Bob, attraversò lentamente la corsia e uscí dal negozio. Bob restò a guardarla mentre se ne andava. «E adesso cosa devo fare?» chiese al cassiere. «Non lo so!» rispose il ragazzo. Era felice che la donna se ne fosse andata, ma anche che fosse successo qualcosa di interessante. Bob disse: «Le vado dietro» e uscí dal negozio. La seguí tenendosi a dieci passi di distanza, e bevendo ogni tanto un sorso di caffè. Vide che la donna avanzava molto lentamente, tanto che ci mise cinque minuti buoni per fare un singolo isolato e finí per gelarsi di nuovo; si piantò fuori dalla pensilina di vetro di una fermata dell’autobus, a guardare la panchina vuota. Cominciò a piovere e la tuta le si inzuppò. Quando vide che iniziava a tremare, Bob le si avvicinò e le appoggiò il proprio cappotto attorno alle spalle. Ma di lí a poco fu lui a tremare, tutto bagnato; Bob vide un’auto della polizia ferma a un semaforo e agitò le braccia cercando di attirare l’attenzione dell’agente al volante. Il poliziotto rispose al saluto e poi ripartí. Bob si spostò allora sotto la pensilina, di fronte alla donna. Il caffè che teneva in mano era diventato freddo, e in quel momento si rese conto di non averlo nemmeno pagato. Ormai la passeggiata era andata in fumo, pensò, e decise che avrebbe preso un taxi per tornare a casa, limitando i danni, rassegnato a rinunciare al cappotto; ma in quel momento vide che la donna portava al collo un foglietto plastificato legato a una cordicella. Andò dall’altro lato della pensilina e ispezionò il foglietto, inclinandole leggermente il corpo all’indietro. C’era una foto di lei con gli occhiali da sole e il berretto in testa, e sotto la foto la scritta: Mi chiamo CHIP, e vivo al centro anziani GAMBELL-REED. Sotto la scritta c’era un indirizzo, e sotto l’indirizzo l’immagine di un’imponente casa in stile American Craftsman con qualche elemento medievale: una torretta e una banderuola segnavento, una veranda che girava tutto intorno. Bob riconobbe l’edificio perché l’aveva visto varie volte nel corso delle sue passeggiate, e disse: «Questo posto lo conosco. È qui che abiti? Ti chiami Chip?» Lí su due piedi decise che avrebbe accompagnato Chip a quell’indirizzo. La prese gentilmente per un braccio, guidandola verso il centro della città. Ogni dieci o quindici passi la donna si fermava e protestava infastidita, ma la resistenza che opponeva era minima; i due continuarono la loro marcia, seppure ostacolata dal maltempo. Lei voleva entrare in ogni negozio che incrociavano, e Bob si trovò cosí a doverla re-indirizzare diverse volte, e puntualmente lei si irrigidiva e protestava. «Scusami, Chip» le diceva Bob. «Mi piacerebbe tanto fermarmi a guardare le vetrine, ma a quest’ora saranno tutti preoccupati per te, e noi non vogliamo farli stare in pensiero, giusto? No, andiamo, dai, che siamo quasi arrivati». Poco dopo, il centro anziani Gambell-Reed comparve all’orizzonte. Bob ci era passato davanti tantissime volte, chiedendosi spesso cosa fosse. Sorgeva su una collina e incombeva sulle costruzioni circostanti con quel suo aspetto quasi stereotipato da casa dei fantasmi. Non c’era una segnaletica che ne illustrasse la funzione, ma in genere fuori c’erano parcheggiate navette dell’ospedale e ambulanze, e c’era anche una rampa per le sedie a rotelle che saliva zigzagando dal marciapiede all’entrata. Bob condusse Chip verso questo accesso, e durante il tragitto osservò attentamente la struttura. Si rese conto che ricordava moltissimo l’Hotel Elba; e sebbene non desse alcun peso al soprannaturale, restò a bocca aperta per la strabiliante somiglianza dei due edifici, soprattutto alla luce del sogno di quella mattina. La porta d’ingresso era un’imponente barriera composta da vari strati di metallo verniciati di verde e vetri antiproiettile, ed era chiusa. Bob suonò, e la porta cominciò ad aprirsi lentamente, con un ronzio e uno scatto secco. Chip entrò senza farsi aiutare, scomparendo dietro un angolo, mentre Bob restò lí in attesa che qualcuno gli andasse incontro, ma non arrivò nessuno. Dopo una lunga e penosa attesa, la porta cominciò a richiudersi piano piano. Bob stava per girare sui tacchi e andarsene quando sentí alle sue spalle una sonora voce maschile che gli urlava: «Tieni la porta!» Quella voce era cosí imperiosa che Bob le obbedí senza pensare, e infilò il piede destro nella traiettoria della porta che si richiudeva; il piede fu schiacciato con una forza e una violenza tali che gli fu impossibile dissimulare il dolore. La porta rimbalzò all’indietro e cominciò a riaprirsi. Nel frattempo, il proprietario della voce, un omone alto e spropositatamente grosso, seduto su una sedia a rotelle elettronica di una grandezza altrettanto spropositata, si diresse a tutta velocità verso Bob, con uno sguardo gelido e sicuro negli occhi iniettati di sangue. Entrò nel centro anziani sfrecciandogli davanti e si toccò la visiera di un basco dalle dimensioni spropositate in segno di ringraziamento. L’ingresso di quell’uomo fu seguito da un clamore di voci invisibili, saluti drammatici e canzonatori, la gioiosa ripresa di una conversazione precedentemente interrotta, come se in sua assenza fossero sopraggiunte nuove informazioni inoppugnabili che cambiavano gli equilibri di una disputa lasciata in sospeso. «Buoni, buoni» disse l’uomo, agitando una manona per contenere il baccano. Poi s’inoltrò nel centro con la sua sedia a rotelle. Una donna sulla quarantina con un camice ospedaliero verde acqua e un cardigan beige andò incontro a Bob. Gli chiese cosa cercava e Bob le spiegò che aveva riaccompagnato Chip. La donna annuí a segnalare che aveva capito, ma non parve particolarmente colpita né dal fatto che Chip fosse scappata né dal fatto che l’avessero riportata lí sana e salva. Si presentò come Maria e Bob le disse che lui si chiamava Bob. Quando la porta cominciò a chiudersi, Maria fece un passo indietro, tenendo una mano sollevata in un neutro segno di commiato; e a quel punto Bob sorprese sé stesso e Maria superando la soglia con un salto claudicante. Mentre era lí fermo, con un leggero affanno, Maria pensò se non fosse il caso di allertare gli uomini della sicurezza.

I volumi
Eccentrico e dolceamaro, tra imprevisti che sfiorano il comico, beffe del destino e un umorismo travolgente, L’uomo che amava i libri celebra ciò che vi è di straordinario nella cosiddetta vita ordinaria e descrive magnificamente la brace che cova anche sotto l’esistenza più mite.
Traduzione di Federica Aceto
2023, pp. 320, € 18,00
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