2023, pp. 192, € 17,00
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E-book
2023, pp. 192, € 9,99
Trent’anni a Chicago. Un appartamentino provvisto di tutti i comfort. Junk food come unica fonte di sostentamento. L’appuntamento fisso con la serie preferita da guardare in loop per tutta la notte. Una famiglia partecipe alle spalle, invisibile ma persistente. Lavoretti temporanei che pagano le spese. Infinite possibilità di fallire, di avere successo, di vivere una vita senza gloria ma dignitosa. O di non fare nessuna di queste cose. Questa è la vita di Millie.
Una vita da millennial media, in cui tutto è precario e niente è definito, in particolare il lavoro, l’amore e la promessa della felicità. Cosa si può fare quando questa precarietà prende il sopravvento su qualsiasi aspetto dell’esistenza, intaccando il cervello e il modo di vedere e di percepire sé stessi? Forse la risposta sta nel toccare il fondo per poi risalire. Forse nell’accontentarsi di ciò che si riesce a ottenere arrivati ad un certo punto. O forse nel provarci, ancora e ancora. Forse nell’affogare il senso di frustrazione in una birra dopo l’altra in compagnia di un’amica alla quale, di te, non importa niente.
Millie è cupa, sarcastica, spasmodicamente critica, riflessiva fino all’autoanalisi più morbosa. È senza filtri, a tratti molto sgradevole in situazioni conviviali. Quando passeggia nel parco, le persone la scambiano per matta o mezza sbronza. Passa da un temporary job all’altro senza colpo ferire (o almeno così si racconta), tentando con zero sforzo di alimentare sogni e ambizioni. La sua tendenza all’autodistruzione è il motore dell’intera narrazione, è ciò che fa arrivare al climax e che rende il tutto realistico e, a tratti, terrificante. È questa l’anti-eroina perfetta che Halle Butler dipinge in La nuova me e che incarna il modello di una generazione nella ricerca del lavoro perfetto, della vita più appagante, pur senza sapere davvero cosa inseguire. «Cerco di piangere e penso alle cose di cui sarò grata in futuro, quando mi sarò rimessa un pochino piú in sesto». Millie si attorciglia di continuo in desideri che pensa di dover alimentare come propri, oggetti da ottenere che serbano la promessa di una stabilità (soprattutto emotiva) tanto agognata e l’abbandono completo di una solitudine cosmica e senza via di fuga.
La storia di Millie racconta di una ribellione incorniciata dall’apatia. Ciononostante, cadenzata da una serie di invettive piene di rabbia e amarezza, è lei stessa che sceglie la vita che vuole vivere, pur nell’intento di sospendere momentaneamente il giudizio e la scelta stessa, trasformandosi in una versione del Bartleby melvilliano abbrutita dal tedio della routine. Sarà quindi davvero la speranza di una nuova vita, di una nuova sé, che racchiude le risposte alle sue domande? «Siamo cosí immersi nelle nostre menti, in attesa che succeda qualcosa, mettendolo in scena dentro di noi, che, per quanto ci riguarda, il corpo e il mondo esterno potrebbero anche non esistere».
Quando un libro ti parla, diventa anche un po’ tuo, ti entra sotto la pelle soprattutto se rivedi te stessa o qualcuno che conosci nei personaggi, e questo è il caso di Millie, la cui identità non può lasciare indifferenti, in quanto millennial o meno. La nuova me è infatti un romanzo che parla di una generazione a tutte quante le successive e le precedenti, dissotterrando dinamiche intrinseche ma traslabili nel tempo e che, infine, emergono come semplicemente umane. Riunisce sentimenti universali come il sentirsi soli e isolati, non amati, non voluti, respinti, persi, non capiti. È un libro scritto con onestà, che entra nel particolare senza mai diventare di nicchia. Un libro che parla di me, di te, di tutti quelli che talvolta incedono nella vita con la mente piena e il cuore vuoto.
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