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I Narratori delle Tavole
2023, pp. 224, € 17,00
Roccamare, Milan Kundera e l’estate della leggerezza (perduta)
Il grande romanziere boemo, scomparso l’11 luglio a Parigi, è uno dei protagonisti di Ultima estate a Roccamare, il nuovo libro di Alberto Riva

In Ultima estate a Roccamare si racconta l’estate del 1985, quando Italo Calvino morì improvvisamente a sessantun anni lasciando incompiute le sue Lezioni americane, che si aprono con la celebre dissertazione sulla “Leggerezza”. Calvino si trovava nella sua casa di Roccamare, la pineta maremmana, a Castiglione della Pescaia, dove vivevano parte dell’anno anche Carlo Fruttero, Pietro Citati, Furio Scarpelli e molti altri amici scrittori. Ma quella dell’85 fu anche l’estate in cui in Italia esplose il fenomeno di Milan Kundera e de L’insostenibile leggerezza dell’essere che, uscito in marzo, in pochi mesi divenne un bestseller spinto, tra le altre cose, da Roberto D’Agostino nella trasmissione di Renzo Arbore Quelli della notte.
Ultima estate a Roccamare ricostruisce il dialogo a distanza che Calvino intrattenne con Kundera.
Lo scrittore ligure lo citava nelle Lezioni americane e dedicò al romanzo una lunga recensione su La Repubblica nella quale metteva in risalto il “filtro ironico” utilizzato dal Kundera in molte parti del libro.
In quello stesso periodo, in L’arte del romanzo, Kundera difendeva l’uso dell’ironia; per lui si trattava di una parola-chiave. Scriveva che più di tutto bisogna diffidare di coloro che non ridono: chi non ride è pericoloso. I dittatori non ridono e non capiscono l’ironia. Qualsiasi dittatura non ride e non capisce l’ironia (cita Leonardo Sciascia: “Niente è più difficile da comprendere dell’ironia”). Senza ironia si ha il totalitarismo del pensiero unico. Dietro la storia d’amore appassionata di Tomáš, Tereza e Sabina, era la battaglia tra l’impulso di libertà dell’ironia e le costrizioni dei totalitarismi il vero argomento dominante del suo romanzo.
Non è finita: quella stessa estate dell’85 Fruttero & Lucentini uscirono con la loro esilarante raccolta di articoli intitolata La prevalenza del cretino, anch’essa destinata a diventare un bestseller della stagione. Tutti loro, e in qualche modo per mezzo dello humour, denunciavano la bêtise, la stupidità, che risiede, per Kundera, nel «non-pensiero dei luoghi comuni». Per uscire da una tale strettoia lo scrittore deve scomparire, come già diceva Flaubert. E così fece: quell’anno Kundera smise di concedere interviste e non si fece mai più vedere sui media.
A rifletterci all'indomani della sua scomparsa, sembra si sia realizzato ciò che Kundera auspicava: i suoi libri parlano per lui, e in modo chiarissimo. L’insostenibile leggerezza dell’essere è un romanzo ancora attualissimo perché i temi che affronta sono più urgenti oggi che negli anni Ottanta; anche, e forse soprattutto, per quanto riguarda il romanzo: la fine dell’ironia sotto la scure seriosa del politicamente corretto, la tirannia dei dittatori che non ridono travestita da democrazia (laddove si tratta invece di abile propaganda), la libertà di pensiero minacciata dal dilagare dei luoghi comuni sui mezzi d’informazione e i social network, e quindi nelle parole che usiamo. A conti fatti, Kundera era già sparito da quasi quarant’anni, eppure oggi mi pare difficile trovare un autore europeo che sia più preciso di lui nell’indicare i pericoli da cui dobbiamo difenderci.

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