La bellezza intatta di Rosalind Bone e la misoginia che detta legge

Il romanzo esordio di Alex McCarthy

La colpa di Rosalind Bone

Per gli abitanti del villaggio di Cwmcysgod, e soprattutto per sua sorella Mary, Rosalind Bone è colpevole di essere nata troppo bella.
È così che da bambina otteneva il doppio delle attenzioni da parte degli adulti e da ragazza il favore degli uomini, mostrandosi fin troppo sicura di sé e, al pari di una Circe, sfruttando il proprio fascino per incantare il prossimo e raggiungere secondi scopi.
Non c’è mai stata altra qualità che sia stata riconosciuta a Rosalind, essendo il suo aspetto tanto ingombrante, e l'odio degli altri non si attenua neppure quando scompare.

Donne bellissime, creature maligne

A costruire il binomio femminile-pericolo è una tradizione letteraria ricca di donne alla cui bellezza viene direttamente ricollegato un tratto delittuoso, oscuro. Solo nella mitologia classica ne incontriamo di continuo, a partire da esempi corali, come le sirene incantatrici, fino alle figure più iconiche, come la già citata Circe, donna dalla sensualità irresistibile e strega che trasforma gli uomini in maiali; oppure Elena di Troia, simbolo dell’eterno femminino e per lo stesso motivo responsabile dei danni e dei lutti nati per contendersela.
Michela Murgia, nel suo studio intorno alla figura della femme fatale, cita in più occasioni la frase della bomba sexy per eccellenza, Jessica Rabbit: “Non sono cattiva, è che mi disegnano così”, evidenziando la consapevolezza rassegnata di chi è vittima degli stereotipi legati al proprio (bellissimo) aspetto.
Come ci si difende dall'accusa di essere bella?
Forse Rosalind vi ha rinunciato in partenza ed è fuggita, o forse esiste una storia che nessuno sa.

La bellezza intatta di Rosalind Bone

Con un mistero da risolvere, McCarthy racconta il pericolo di questi stereotipi, l’invidia che li alimenta e il lato oscuro di un villaggio in cui tutti osservano tutto, condannando chi non si uniforma.
Una delle lezioni femministe più gettonate, si pensi al recentissimo Barbie, è che le donne possono essere imperfette: vanno bene la cellulite, le giornate no, le occhiaie e le Birkenstock al posto dei tacchi.
McCarthy, però, rovescia il discorso: siamo sicuri che la perfezione sia sempre un vantaggio?
E soprattutto: la società che idolatra canoni irraggiungibili, vuole bene a chi li soddisfa?
Attraverso una pluralità di personaggi che dà voce al proprio punto di vista, l'autrice cattura un villaggio che rappresenta il mondo, la sua misoginia e le assurde forme che può assumere per incatenare una donna.

Ultimi post