Neri Pozza Editore | Filosofia
 

Filosofia

In primo piano

Filosofia dei mezzi. Per una nuova politica dei corpi

Elettra Stimilli

Non vi è epoca della storia e del pensiero in cui i corpi non siano stati espressione di differenze sociali, di razza e di classe, di sesso e di genere, prima ancora che anatomiche. Lontano dall’essere campi esclusivamente biologici, i corpi sono campi di battaglia concettuale e politica, dove sono in gioco forme di dominio e, all’opposto, di liberazione. I corpi sono «mezzi per». Mezzi per la riproduzione della vita e del lavoro, mezzi, insomma, inscritti in un ordine «naturale»: questo concetto ha attraversato l’intera storia della metafisica e della cultura occidentale. La sua persistenza e i suoi sviluppi hanno contribuito alla definizione di un predominio culturale e politico, quello della razionalità occidentale e dell’uomo bianco suo ideatore. 
Questo libro indaga, in primo luogo, la forza teorica e politica dei mezzi. Anche in considerazione di un mondo ipertecnologico e di una profonda crisi degli ecosistemi ambientali, viene qui problematizzato il ruolo dei mezzi nell’epoca in cui la politica si identifica con la mera amministrazione, senza piú alcuna pretesa di senso o di finalità. I mezzi sono davvero strumenti subordinati a finalità loro estranee o possono essere altro? Cercando di rispondere a questa domanda attraverso un’indagine filosofica, Elettra Stimilli svela in queste pagine il potere politico dei corpi come mezzi politici, mai neutri, all’origine di fenomeni collettivi, le cui potenzialità chiedono solo di essere interrogate. Dagli Stati Uniti al Sudamerica, dall’Europa a molti dei paesi del Nordafrica e del Medioriente sino all’Iran delle donne in rivolta, al centro di enormi movimenti transazionali e intersezionali, i corpi sono oggi all’ordine del giorno come mezzi non strumentali di nuove forme di riproduzione sociale. Una nuova sessuazione del mondo.

Il dio sensibile

Emanuele Dattilo

«Che cos’è il panteismo? Una nozione oscura e vaga, che afferma la contraddittoria unità di dio e del mondo e che ci è nota essenzialmente attraverso l’implacabile critica dei teologi, o qualcosa che dobbiamo ancora pensare nella sua verità? Il grande merito di questo “saggio sul panteismo” è di formulare da capo con sobrietà e chiarezza le condizioni che lo rendono pensabile. Una lettura attenta e, insieme, serrata delle sue folgoranti apparizioni nella storia del pensiero, da Davide di Dinant a Giordano Bruno, da Avicebron a Spinoza, da Scoto Eriugena a Campanella mostra che il panteismo non è una dottrina su Dio, ma il tentativo di pensare l’identità di mente e materia; non è una tesi sull’identità fra un Dio ubiquo e senza luogo e i luoghi del mondo: è, piuttosto, il tentativo di pensare l’aver luogo di ogni cosa in Dio e, insieme, il farsi sensibile di Dio in ogni cosa. Il panteismo è, allora, la revoca di tutti i dualismi (sensibile/intelligibile, materia/forma, essere/pensiero, soggetto/oggetto, causa/effetto, ma anche: sacro/profano, bene/ male) su cui la cultura occidentale ha fondato la sua inaudita potenza e, insieme – com’è oggi più che mai evidente – il suo rovinoso fallimento. In questo senso il panteismo non è una filosofia: è la filosofia, insieme prima e ultima, una sorta di filo rosso che traversa tutta la trama del pensiero e non può esserne tolto senza che tutto il tessuto – il testo – si laceri. E il lettore che avrà seguito l’acrobatica, puntigliosa argomentazione di Dattilo vedrà alla fine apparire limpidamente davanti al suo sguardo quel dio sensibile, che non è altro che la vita – unica, amorosa e incandescente – della mente e della materia». Giorgio Agamben

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