Il genio dell’abbandono racconta la vita di uno dei grandi scultori italiani fra Otto e Novecento: Vincenzo Gemito. E lo fa mantenendosi in prodigioso equilibrio tra fedeltà al dato storico e radicale reinvenzione dello stesso. Wanda Marasco prende le mosse dalla fuga dell’artista dalla clinica psichiatrica in cui è ricoverato, e da lì ricostruisce la storia agitata di un «enne-enne», un figlio di nessuno abbandonato sulla ruota dell’Annunziata, il grande brefotrofio del meridione.
Il marchio del reietto – beffardamente impresso nel suo stesso nome che è il risultato di un errore di trascrizione – accompagnerà Vincenzo Gemito per sempre, quasi come un segno di divinazione: a Parigi, tra stenti da bohème e sogni di celebrità, e a Napoli, artista ambito da mercanti e da re.
Scritto in una lingua vigorosa e raffinatissima che con movimento naturale vira verso il registro dialettale, Il genio dell’abbandono è sostenuto, come ha scritto Cesare Segre, da uno slancio drammatico che conferisce ai personaggi «uno stacco e un dinamismo straordinari».