Nel 1976 correva il duecentesimo compleanno degli Stati Uniti e la National Endowment for the Humanities chiese a Martin Scorsese di girare un documentario di mezz'ora sulla comunità di origine italiana. C'era molto da dire allora sugli italoamericani che avevano avuto successo. Lido «Lee» Iacocca era diventato presidente della Ford Motor Company. Il presidente della Chrysler Corporation era John J. Riccardo. Il regista più amato dagli americani era Frank Capra, che era emigrato da Palermo. Tallie Coppola, la sorella di Francis Ford, avrebbe definito in seguito perfettamente il momento dicendo che allora «la cosa più importante per gli italiani era diventare dottore o avvocato o ingegnere, e sposarsi».
Scorsese, però, tornò nella Little Italy con le macchine da presa e per sei ore intervistò essenzialmente i suoi genitori: Charles e Catherine Scorsese. Catherine si dilungò sulla sua ricetta personale per il sugo della pasta, e sul fatto che suo padre era vissuto a New York per trent'anni senza mai imparare l'inglese.
Un quarto di secolo dopo, l'enorme successo dei Sopranos, la serie televisiva della HBO, ha ridato fiato allo stereotipo dell'italoamericano mafioso, circondato da madri invadenti e beghine, afflitte da un cattolicesimo superstizioso d'altri tempi, e da sorelle nerastre e bruttine e goffi ragazzetti, cafoni nelle maniere anche se simpatici.
Un ritratto assolutamente distorto, che si è dissolto soltanto nelle nuovissime generazioni americane, per le quali l'Italia è diventata sinonimo di stile e alta qualità della vita, ma che ha umiliato a lungo, come dimostra questo libro di Erik Amfitheatrof, una popolazione non seconda a nessuno come intelligenza, capacità lavorativa e attaccamento al paese d'adozione.
Ricostruendo la storia degli italiani d'America, attraverso le vicende dei loro rappresentanti più celebri, il libro di Amfitheatrof, così preciso e fattuale, così attento ai particolari, come sono sempre i testi migliori, ristabilisce finalmente l'equilibrio turbato. E se qualcuno d'ora in poi ci interrogherà chiedendo i primi nomi di italoamericani che ci vengono in mente, non diremo più come una volta Al Capone o Lucky Luciano, ma Sinatra, Scorsese, Di Maggio e tutti gli altri.