Ha Jin

War trash

In questa notte del 1951, nel campo di detenzione americano dell’isola di Koje, in Corea, il cielo è color indaco e le stelle così fitte che sembrano toccarsi. Yu Yuan, giovane ufficiale dell’Esercito di Liberazione cinese,...

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Informazioni
Monica Morzenti
2005, pp. 448, € 18,00
ISBN: 8854500542
Collana: Le Tavole d'Oro
Generi: Narrativa straniera, Romanzo storico
SINOSSI

In questa notte del 1951, nel campo di detenzione americano dell’isola di Koje, in Corea, il cielo è color indaco e le stelle così fitte che sembrano toccarsi. Yu Yuan, giovane ufficiale dell’Esercito di Liberazione cinese, si è appena svegliato nella sua piccola e malconcia tenda, nella sezione del campo in cui gli americani hanno sistemato i prigionieri «comunisti» della guerra di Corea. Giusto il tempo di aprire gli occhi, e Yu Yuan ha visto con orrore due parole inglesi tatuate sulla sua pancia, proprio sotto l’ombelico: «FUCK COMMUNISM». Senza dubbio, un regalo dei prigionieri che soggiornano nei tendoni con strutture di ferro e se ne vanno in giro ostentando l’emblema con il sole: gli ufficiali che hanno prestato servizio nell’esercito di Chiang Kai-shek e che, sebbene indossino la stessa divisa degli altri prigionieri, con le medesime lettere «PW» sulle maniche o sui taschini, spadroneggiano nel campo.
Yu Yuan non è comunista, vuole semplicemente tornarsene in Cina da Tao Julan, la sua fidanzata, ma per i nazionalisti chiunque non voglia ricongiungersi a Taiwan è uno sporco traditore o un comunista.
Nell’arte di infliggere dolore, gli americani non scherzano sull’isola di Koje, ti picchiano, ti rompono le costole, ti spaccano la faccia e ti lasciano, com’è accaduto al commissario Pei, in una pozza di acqua putrida per notti intere. Solo i prigionieri nazionalisti cinesi sono capaci, però, di estrema raffinatezza nelle torture. Solo loro traggono autentico piacere dall’infliggere dolore agli altri. Ti spezzano le caviglie, ti obbligano a inginocchiarti su lattine aperte e taglienti; ti sfregiano il corpo con un coltello e poi ti mettono del sale sulle ferite; ti mettono a testa in giù dentro una tinozza vuota e ti solleticano le piante dei piedi con dei pennelli; ti legano a una panca e ti riempiono lo stomaco di acqua mista a polvere di peperoncino; ti spogliano e ti mettono dentro un barile con dei cocci di bottiglie di birra… Insomma, non mancano certo di inventiva…
Yu Yuan è partito per una battaglia che non capiva e, quando è stato fatto prigioniero, ha pensato che la guerra fosse finita. Ma nel campo, la guerra non è affatto finita, è diventata anzi ancora più sottile e terribile, una guerra in cui la sorveglianza e l’umiliazione sono spietate e in cui è difficile persino distinguere chi sia realmente il nemico. È diventata, insomma, una war trash, dove lo spettacolo della cancellazione della coscienza e della riduzione dell’esistenza umana a semplice, triviale sopravvivenza è la regola quotidiana…
Descrivendo magnificamente gli istinti umani chiamati in causa in un campo di prigionia americano durante la guerra coreana, Ha Jin ci offre con War trash uno straordinario romanzo dagli echi dostoevskijani e dalla bruciante attualità.

Autore

Ha Jin ha lasciato la Cina nel 1985 per andare a vivere negli Stati Uniti. Professore di inglese alla Emory University di Atlanta, ha pubblicato due libri di poesie, raccolte di racconti: Mica facile trovare un ammazzatigri (Neri Pozza 2002), Ocean of Words (Premio PEN/Hemingway 1997), Under the Red Flag (Premio Flannery O'Connor 1996), e i romanzi In the Pond, L'attesa (Neri Pozza 2000, «National Book Award 1999» e «PEN/Faulkner Award 2000»), Pazzia (Neri Pozza 2003), War trash (Neri Pozza 2006, finalista del «Pulitzer Prize 2005», Libro dell'anno 2005 del «New York Times»).