Tanja aveva tre anni quando suo padre se ne andò di casa. Fu allora che, in camera di sua madre, le fotografie dei maggiori scrittori russi cominciarono a sostituire quelle di suo padre. A Tanja non piaceva la faccia di Tolstoj: sembrava un Babbo Natale avaro, di quelli che lasciano sotto l’albero di Natale un paio di miseri calzini. Čechov, poi… non c’era qualcosa di sospettoso nel suo sorrisetto ghignante? E Puškin? Era un bel tipo, ma non aveva l’aria abbastanza seria per essere uno scrittore.
Tanja impazziva soltanto per Dostoevskij. Dostoevskij aveva mani forti, la fronte ampia e occhi seri. E la guardava apertamente, senza nascondersi, senza la falsa espressione giocosa degli altri adulti… Quando Tanja divenne più grande, la nonna le raccontò che Fëdor Michajlovič Dostoevskij, con quelle sue mani forti, prendeva tutti i soldi della moglie e se li giocava. Si era giocato l’anello della sposa, gli orecchini, lo scialle, e una volta persino le scarpe e il vestito.
Il racconto, però, non soltanto non ha scalfito la passione di Tanja per Dostoevskij, ma ha addirittura accresciuto in lei il suo insano desiderio di diventare la musa ispiratrice di un grande scrittore, colei che accende e alimenta la fiamma della creazione!
Nella Russia sovietica, questo desiderio è rimasto sopito nel suo cuore, ma a New York, dove Tanja è emigrata con tutta la famiglia e dove abbondano readings, ricevimenti e mille occasioni per incontrare scrittori, ci sarà pure un Fëdor Michajlovič americano capace di ridestarlo! Magari quel Mark Schneider, il celebre e affascinante autore, che leggerà oggi da una sua opera nella libreria sull’Upper West Side…
Attraverso un’impeccabile scrittura, che unisce la grande tradizione del romanzo russo alla schiettezza della narrativa contemporanea, Lara Vapnjar ci consegna, con Memorie di una musa, un romanzo irriverente sulla vita degli artisti oltre che una magnifica storia che, con humour e intelligenza, penetra nelle stanze segrete dell’animo femminile.