È il 1939, siamo alla vigilia della guerra e in Alto Adige la vita trascorre chiusa nei masi. Giulio è un ragazzino inquieto e sensibile, uno che «capisce perfino il dolore della terra quando viene zappata». Vittima di un padre vile e opportunista, di una madre debole e soprattutto di un fratello che lo tradirà nel peggiore dei modi, viene rinchiuso in un istituto correzionale, o «collegio» come ama chiamarlo suo padre, per raddrizzare la sua pericolosa attitudine a infrangere le regole. Tornato tra le sue montagne, Giulio dovrà fare i conti con la difficoltà del vivere, con la miseria della guerra e i suoi orrori e con lo struggente sentimento per una donna che custodisce un doloroso segreto. Con una scrittura cesellata e asciutta, Angela Nanetti disegna una mappa della solitudine, i confini di un uomo dai silenzi sofferti. La storia di un’esistenza che è rinuncia, rassegnazione, stupore.
«Ha qualcosa dell’irriducibilità di Heathcliff di Cime tempestose, Giulio Mosca. È qui e altrove, come affetto da un’inquietudine che lo porta ad allontanarsi da un mondo che non lo riconosce, sebbene lo soffochi con le sue parole d’ordine, con le regole che portano al niente».
Carmen Pellegrino, la Lettura